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Aldo Fabrizi
Di famiglia modesta (la madre gestiva un banco di ortofrutta nel mercato popolare), a undici anni rimase orfano del padre. Costretto ad abbandonare gli studi per contribuire al sostentamento della numerosa famiglia che comprendeva anche cinque sorelle - tra le quali Elena Fabrizi, (1915-1993) in seguito soprannominata la sora Lella - si adattò a fare molti lavori, anche quelli più umili. Nel 1931, a 26 anni, fece il suo debutto come macchiettista nei teatrini della capitale proponendo caricature dei tipi caratteristici della capitale - il vetturino, il guidatore di tram e lo sciatore - diventando in breve tempo popolare e costituendo una sua compagnia, che nel 1937 vide transitare per breve tempo un imberbe Alberto Sordi. Nel 1942 fece il suo esordio sul grande schermo con un film diretto da Mario Bonnard, Avanti c'è posto e anche nelle due pellicole seguenti, Campo de' fiori, sempre diretto da Bonnard, e L'ultima carrozzella per la regia di Mario Mattòli, si limitò a riproporre le macchiette che aveva già interpretato a teatro - rispettivamente quelle del bigliettaio, del pescivendolo e del vetturino - accanto ad Anna Magnani, con la quale avrà un rapporto conflittuale. Storia diversa, invece, col film che apre ufficialmente la corrente neorealista, Roma città aperta di Roberto Rossellini, dove interpretò il ruolo più significativo e più bello sul grande schermo, il sacerdote don Morosini che si sacrificò durante l'occupazione nazista della capitale finendo fucilato. Si dedicò in maniera saltuaria anche al doppiaggio: sue sono le voci di Giuseppe Varni, il bidello della scuola femminile nel film Maddalena... zero in condotta (1940) e Gino Saltamerenda, il netturbino che aiuta Lamberto Maggiorani ed Enzo Stajola a ritrovare la bicicletta rubata nel mercato di Porta Portese, nel film Ladri di biciclette (1948), entrambi diretti da Vittorio De Sica. Da quel momento interpretò poco meno di 70 film, ottenendo sempre grande successo, non disdegnando ruoli drammatici ma privilegiando sempre ruoli brillanti e comici; da ricordare i film interpretati insieme a Totò (Guardie e ladri del 1951 I tartassati del 1959 e Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi del 1960), Peppino De Filippo (Signori in carrozza del 1951, Accadde al penitenziario del 1955 e Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo del 1956) portando sempre dietro una grande carica di bonaria umanità che lo accompagnerà durante tutta la sua carriera. Vincitore di due Nastri d'Argento, nel 1950 per Prima comunione di Alessandro Blasetti e nel 1974 con C'eravamo tanto amati di Ettore Scola, si aggiudicò nel 1951 il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes per Guardie e ladri di Stefano Vanzina e Mario Monicelli. Lavorò anche con il grande regista del muto Georg Wilhelm Pabst in due film: La voce del silenzio del 1952 e il bizzarro Cose da pazzi del 1953 pubblicato in DVD nel 2005, dove interpretò sicuramente quello che resta il ruolo più particolare della sua carriera, un matto che crede di essere un primario ospedaliero. Tra il 1948 e il 1957 diresse anche nove film, tutti dignitosi, a partire da quello d'esordio, girato in Argentina, Emigrantes (1948), alla trilogia delle avventure della famiglia Passaguai, da lui anche prodotta per la sua Alfa Film XXXVII, fino ad Hanno rubato un tram (1954), girato a Bologna con la fotografia del grande Mario Bava e anche questo riemerso nel 2005 in DVD, fino all'accorato e malinconico Il maestro (1957), la sua ultima regia. Sul palcoscenico, nella stagione 1962-1963 ottenne un immenso successo personale interpretando il ruolo del boia Mastro Titta nella commedia musicale Rugantino scritta e diretta da Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile. Il grande trionfo è completato con una memorabile trasferta negli Stati Uniti d'America, a Broadway, dove fanno sempre il tutto esaurito. L'ultima sua apparizione teatrale invece è datata 1967, con lo spettacolo Yo-Yo Yè-Ye scritto da Dino Verde e Bruno Broccoli. Sul piccolo schermo esordì nel 1959, come interprete dello sceneggiato La neve nel bicchiere diretto da Anton Giulio Majano. Per molto tempo, preso da impegni cinematografici e teatrali, questo sarà l'unico suo lavoro televisivo, fino al 1971, quando ottenne un altro grande trionfo nel varietà del sabato sera Speciale per noi diretto da Antonello Falqui, accanto ad Ave Ninchi, Paolo Panelli e Bice Valori, che è anche l'unica testimonianza visiva rimasta delle sue macchiette teatrali. Sposato con Beatrice Rocchi, cantante di varietà molto nota negli anni venti col nome d'arte di Reginella, ha avuto da lei due figli gemelli e ne rimase vedovo nell'estate del 1981. Come Ugo Tognazzi aveva l'hobby della gastronomia e si dilettava a cucinare tutti i tipi di pasta, sulla quale scriverà poi anche alcune poesie in dialetto romanesco. Fabrizi si spegne nella primavera del 1990, a 84 anni, pochi giorni dopo aver ricevuto un David di Donatello alla carriera. Tre anni dopo lo seguirà anche la popolarissima sorella, la sora Lella, che aveva recitato nel cinema soprattutto con Alberto Sordi e Carlo Verdone.  
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